Post Image

In questo periodo abbiamo approfondito i nostri studi sulle leve motivazionali e su come condividere tutto questo con i nostri lettori, per rendere un po’ più facile a tutti dire di “no” la prossima volta che vi troverete di fronte ad uno dei meccanismi di persuasione di cui abbiamo parlato.

Non hai idea di cosa stiamo parlando?

Evidentemente devi esserti perso il primo articolo sulle leve motivazionali… nessun problema, lo trovi qui: 

Datemi una leva (motivazionale) e persuaderò il mondo (parte 1) 

Oggi continuiamo il discorso parlando delle altre leve che Robert Cialdini descrive nel suo libro “Le armi della persuasione: come e perché si finisce col dire di sì”. Se vuoi davvero scoprire come fare, non ti resta che continuare a leggere!

Le leve motivazionali secondo Robert B. Cialdini

Riprova Sociale

Vi è mai successo, guardando puntate di vecchie serie tv come “Willy: il principe di Bel Air”, o di serie più nuove come “The big bang theory”, di sentirvi “in dovere” di ridere una volta ascoltata la classica risata artificiale inserita alla fine di una determinata scena?

Secondo noi sì, è la spiegazione è semplice: un meccanismo psicologico chiamato riprova sociale.

Il tutto dipende da cosa ci si aspetta da noi in una determinata circostanza e soprattutto dal comportamento che dovremmo tenere in quella circostanza. Nel caso delle risate nelle serie tv, dunque, (ma anche al bar con gli amici) non ci sentiremmo strani ad essere gli unici a ridere in mezzo ad un gruppo piegato in due dalle risate? Certo che ci sentiremmo strani, è assolutamente normale.

Secondo Cialdini si tratta della “tendenza a considerare più adeguata un’azione quando la fanno anche gli altri”, come riporta nel suo libro. Un po’ come quando eravamo tentati di saltare la scuola se un gruppetto di amici lo faceva. 

Una leva motivazionale che è allo stesso tempo un bias cognitivo, proprio quello della social proof, qualcosa di profondamente radicato nel nostro cervello ad uno stadio – potremmo dire – primitivo.

La leva della riprova sociale può essere una scorciatoia per noi, ma anche una possibile arma per chi, invece, ci vuole manipolare, proprio in virtù delle nostre risposte automatiche o semi-automatiche ai comportamenti o alle azioni altrui. 

Tutto questo può derivare da bisogni più profondi dell’animo umano che vanno al di là di un banale “principio di emulazione”, come ad esempio la necessità di essere accettati, apprezzati o anche solo non giudicati dal nostro gruppo di pari. Inutile dire quanto – anche in questo caso – la bontà o la cattiveria del meccanismo di riprova sociale dipenda dall’azione “imitativa” in questione. Sarete d’accordo con noi nel dire che un conto è imitare il gruppo che porta avanti iniziative di volontariato, per esempio, un altro conto è emulare quello che inizia a bullizzare un debole.

La riprova sociale è un’arma potentissima, tanto per azioni buone che per azioni cattive, soprattutto se rafforzata da persuasione e condizionamento esterno.

Di contro, avere degli “indicatori” di comportamento è – per l’appunto – un bias cognitivo proprio perché costituisce una scorciatoia per la nostra mente, nel senso che guardando al comportamento altrui non dobbiamo decidere e impiegare di volta in volta risorse mentali per prendere una determinata decisione, proprio perché ci sono dei precedenti. 

Qui entra in gioco la bontà del comportamento altrui, oltre che la correttezza dell’informazione che riceviamo, proprio perché in alcuni casi anche le informazioni sul comportamento altrui potrebbero essere falsate da chi vuole solo manipolarci. 

Uno dei modi per sfuggire a questo meccanismo è interrogarsi sul perché stiamo attuando determinati comportamenti, se gli stessi sono sempre in linea col nostro sistema di valori, se sono frutto di un “risparmio di energie mentali” a fin di bene o se il nostro meccanismo automatico di emulazione e riprova sociale può ritorcersi contro. Anche in questo caso, si tratta di osservare e ascoltare noi stessi una volta presa coscienza di questa ulteriore leva motivazionale.

Simpatia

Questa leva motivazionale, molto semplice oltre che intuitiva, si basa sul fatto che siamo più felici nel dire di sì ad una persona che conosciamo e che ci piace rispetto ad una persona che che ci sta antipatica e non ci piace. 

Anche in assenza di un rapporto preesistente tra due soggetti, in realtà, sembra valere la leva della simpatia come “motivo dei nostri sì”. Non a caso, infatti, chi vuole ottenere un determinato favore fa solitamente di tutto per apparire simpatico ai nostri occhi.

Ma quali sarebbero i fattori che ci spingono a considerare una persona più simpatica rispetto ad un’altra? Secondo Cialdini sono sostanzialmente:

  • Bellezza
  • Somiglianza
  • Complimenti
  • Contatto e cooperazione
  • Condizionamento e associazione

Tutti aspetti a cui Cialdini offre ampio spazio di trattazione all’interno del suo libro, poiché a loro volta connessi ad altre leve motivazionali e meccanismi psicologici.

Per questo, secondo lui, ci serve un “metodo generale” da applicare a ciascuno di questi fattori per aumentare le nostre difese. È fondamentale – ad esempio – cercare di comprendere se il nostro interlocutore ci piace più del dovuto, perché in quel caso forse dobbiamo preoccuparci di richieste strane, opportunistiche se non addirittura eccessive. Un modo “facile” per imparare a dire di no.

Se ti è piaciuto l’articolo continua a seguire i nostri canali, la parte 3 arriverà presto!

Comments are closed.