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Nella vita c’è chi si è lasciato convincere – almeno una volta – da qualcuno nel fare una determinata cosa… e c’è chi mente.

Chi di noi non è mai stato “abbindolato” da una pubblicità, o indotto ad acquistare il “prodotto di pulizia n°1 al mondo” alla fiera di paese, dall’offerta “del momento” del sofà dei nostri sogni, per poi scoprire che rimarrà in offerta per altri due mesi? O ancora, pensiamo a quella volta che proprio non volevamo uscire di casa ma un nostro amico – magari nemmeno troppo stretto – è riuscito a dire qualcosa in grado di farci sentire in colpa e – di conseguenza – dire di sì? 

Se ti sei trovato almeno in una di queste situazioni allora sei nel posto giusto, perché oggi parliamo del perché, in molti casi della nostra vita quotidiana, ci troviamo a dire di sì, pur non essendo sempre convinti, e perché non riusciamo a dire di no. 

Per darvi un piccolo spoiler, scopriremo come queste situazioni abbiano a che fare contemporaneamente sia con la persuasione (qualcosa che dunque in un  certo senso “subiamo” dall’esterno) sia con la motivazione (qualcosa che ciascuno di noi – invece – sente internamente).

Ma cosa c’entrano c’entrano persuasione e motivazione col dire sì o il non saper dire di no? Due cose che apparentemente tra loro non c’entrano assolutamente niente?

Persuasione e motivazione in realtà c’entrano eccome, e sono collegate alle nostre scelte perché dal momento che un soggetto mette in atto una certa persuasione e al contempo fa “leva” sulle motivazioni di un altro soggetto, allora diventa molto più facile per il primo soggetto ottenere un bel “sì” dal secondo!

Questo tema ha dei risvolti importantissimi per il marketing, la pubblicità, ma anche per la nostra vita quotidiana e le nostre scelte, motivo per cui vogliamo affrontarlo con la giusta dose di studio e scientificità, ma sempre con la “comprensibilità” che contraddistingue noi di DEEPARTWEB.

Per capire il rapporto tra persuasione, motivazione e scelte, in questo primo articolo partiamo da quelle che – nel corso della trattazione – definiremo “leve motivazionali” per come le concepisce quello che potremo definire un po’ come il padre di questa “scienza”: Robert Cialdini. 

Questo non solo per affrontare quella che – per chi fa marketing – è diventata una vera e propria scienza, ma anche perché – come molti strumenti nella vita – anche questa “scienza” può essere usata a fin di bene o a fin di male.

Se avete recentemente visto il film di Oppenheimer, avrete una vaga idea di cosa stiamo parlando. 

In questo primo articolo esploreremo le prime due leve motivazionali trattate nel libro “Le Armi della Persuasione: come e perché si finisce col dire di sì.”, il capolavoro di Cialdini e affronteremo quei meccanismi che secondo l’autore stanno proprio alla base dei nostri sì. 

Nel tentativo di darti qualche pillola di marketing – che male non fa – con questa serie di articoli vogliamo anche raggiungere un secondo obiettivo: darti anche degli strumenti per comprendere e riconoscere le leve motivazionali nelle situazioni che ti circondano, imparando a capire dove vengono impiegate per scopi poco benefici o per persuaderti a fare qualcosa che, in realtà, non vuoi fare.

Il tema è complesso e saremmo presuntuosi a pensare di esaurirlo in un semplice articolo di blog. Nelle prossime puntate, infatti, parleremo anche delle logiche nascoste delle nostre motivazioni, quali sono le componenti delle nostre motivazioni, ma anche di aspetti più “cerebrali” – se ci passate il termine – come le ragioni “neuro-comportamentali” alla base di alcune nostre scelte, un tema che possiamo riassumere sotto il nome di “bias cognitivi” (dei quali avevamo già accennato qualcosa in questo articolo), ovvero le scorciatoie mentali che il nostro cervello prende quando – in breve – vuole “risparmiare energia” attivando dei meccanismi automatici.

Se fino a qui ti abbiamo “persuaso” (positivamente parlando eh)… Niente, semplicemente continua a leggere. 

Le leve motivazionali secondo Robert B. Cialdini

Reciprocità

Partiamo dalla prima leva motivazionale, dal primo “meccanismo” che secondo Cialdini contribuirebbe a farci dire sempre (almeno fino ad oggi) di sì: la reciprocità.

Secondo la regola della reciprocità, dal momento in cui riceviamo qualcosa in regalo, un gesto carino, un favore da parte di qualcuno scatta come “una molla” – per come la definisce lo stesso Cialdini – che ci induce a contraccambiare. 

Questa leva – come anche le altre in realtà – probabilmente non ci risulterà nemmeno troppo difficile da accettare, dal momento che chiunque di noi – se si immedesima in una delle situazioni sopra descritte – può automaticamente immaginare il disagio che deriva dal sentirsi un egoista, un approfittatore, uno “scroccone” o qualsiasi altro aggettivo tipico di qualcuno che prende senza mai donare nulla agli altri.
Questo perché, semplicemente, la reciprocità è anche una delle basi di un vivere sociale e civile: ricambiare le gentilezze.

L’aspetto più problematico con la leva della reciprocità non è ovviamente quello della gentilezza, quanto più quello del sentirsi in debito, del sentirsi “obbligato”. Per questa ragione, per far leva sulle nostre motivazioni e sul nostro “senso del dovere” spesso chi si presta a persuaderci – in questo caso a fini malefici, si intende – si accinge a fare – ad esempio – regali molto costosi. Per averci, in un certo senso, sempre in pugno, in una continua posizione di debito nei suoi confronti.

Pensiamo ad un semplice esempio: un amico per un vostro compleanno neanche troppo importante si presenta con una busta di 500€. Qual è la prima cosa che vi viene da esclamare? “Non posso accettare, è troppo!”. 

Ecco, non possiamo perché ricambiare ed essere reciproci, a quel punto, ci costerebbe troppo. Ma nel frattempo il nostro “amico” si sarà assicurato un bel sì da parte nostra la prossima volta che ci chiede un favore. 

Qualcuno potrebbe chiamarla – giustamente – corruzione… 

Qui una possibile via per sfuggire alla leva motivazionale della reciprocità è interrogarsi sempre sulla “proporzione” delle cose, ovvero comprendere se quello che ci viene offerto, sia questo un favore o un regalo, sia “proporzionato” alla situazione, al rapporto che intratteniamo con quella persona, alle nostre disponibilità.

Se ci accorgiamo di una certa sproporzione, di uno “scambio non equo”, di un’esagerazione, questo deve già essere un primo campanello d’allarme.
Pertanto, se il nostro capo un giorno si presenterà con un Rolex da 10.000€ in dono potremo far scattare nella nostra testa il “vorrà un favore particolarmente grosso, meglio stare attenti”.

Dunque, la presenza di uno scambio iniquo insieme alla comprensione del soggetto che abbiamo di fronte potrebbe essere un modo per aggirare la leva della reciprocità. Infatti, cercare di capire se il nostro interlocutore sta usando la regola di reciprocità per gentilezza o per suo vantaggio personale, con un po’ di attenzione, non dovrebbe risultare troppo difficile.

Impegno e Coerenza

Un’altra arma di persuasione (spesso anche nei confronti di noi stessi) particolarmente potente è proprio quella di apparire e rimanere coerenti di fronte agli altri. Un bisogno quasi “ossessivo” secondo il nostro Cialdini, per cui una volta giunti ad una scelta o posizione facciamo di tutto per rimanere fedeli, coerenti, a quell’impegno specifico. 

Ed è proprio in queste situazioni che le nostre risposte dipenderanno in larga misura da quello che abbiamo affermato precedentemente.

Perché? Perché siamo coerenti! Ed essere coerenti è un’arma d’influenzamento sociale così forte ed importante – anche secondo gli psicologi – che ci spingerebbe anche a fare cose che – in assenza di impegni precedenti – normalmente non faremmo.

Anche in questo caso, gli impegni presi e il nostro ossessivo bisogno di rimanere coerenti a tutti i costi possono essere usati contro di noi se le intenzioni del nostro interlocutore sono malevole, non di certo se confidiamo nel fatto di avere di fronte persone che tengono al nostro bene e accettano anche i nostri cambi di posizione. 

Facciamo un esempio pratico: mettiamo il caso che tempo fa abbiamo promesso di offrire una cena ad un amico in un ristorante stellato dopo aver perso una scommessa. Improvvisamente, però, al momento della cena ci troviamo in un brutto momento di difficoltà economica e davvero non possiamo permetterci una cena fuori. 

Qui avremo già una prima risposta sulla natura del nostro interlocutore, poiché dovremo comunicare apertamente che non abbiamo più intenzione di sostenere questa spesa (valutate voi la motivazione).
Ecco: se notiamo una certa “pressione” da parte del nostro interlocutore, il quale addirittura ci ricorda della promessa, allora con molta probabilità sta usando contro di noi la regola della coerenza

Se non lo fa, allora è un vero amico e potrà solo essere dispiaciuto del vostro “brutto periodo”. Magari ci guadagnate anche una cena offerta!

D’altronde, cambiare idea, ammettere di averlo fatto e motivare questo cambiamento è umano, oltre che da persone intelligenti. 

Quindi, in questo caso un modo per uscire dalla morsa della leva dell’impegno e della coerenza è sicuramente quella di interrogarsi su persone e circostanze, una via di fuga che – a dirla tutta – si può applicare anche al resto delle leve.

Interroghiamoci sulla persona che abbiamo di fronte, osserviamo i suoi comportamenti e cerchiamo di comprendere le sue motivazioni, soprattutto come reagisce ai nostri cambi di idea e posizione. Sarà quello il momento in cui sapremo se sta sfruttando la leva a suo vantaggio o meno!

Inoltre, non rispettare un impegno in presenza di un’adeguata motivazione non fa di noi brutte persone.

Ancora, potrebbe essere utile monitorare il contesto in cui viviamo e il momento in cui determinate condizioni mutano, perché è in quel momento che potrebbe cambiare anche la nostra posizione e – dunque – coerenza. Per tornare all’esempio della cena, nel periodo antecedente al brutto momento economico, avremmo dovuto interrogarci meglio sulla nostra situazione, esplorare le condizioni circostanti e – eventualmente – gestire meglio le nostre finanze. Forse, in primo luogo, se avessimo osservato meglio la nostra situazione non avremmo neanche fatto quella promessa!

Con questa consapevolezza – sicuramente – la pressione sociale derivante dall’impegno e dalla coerenza risulterà meno pesante, se non addirittura inesistente una volta preso coscienza di questo aspetto!

Se questo articolo sulle prime due leve motivazionali ti ha incuriosito, non perderti gli aggiornamenti sui nostri canali per scoprire il resto!

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